Di solito, alla fine, magicamente, tutti i pezzi del mosaico si incastrano e come nella commedia shakespeariana si riesce a dire: “Tutto è bene, quel che finisce bene”… Beh, tranne questa volta.
Il finale è rimasto aperto e i finali aperti sono quanto di più odioso esista, per chi, come me, ha bisogno di vedere corrisposte appieno le proprie aspettative.
Ho capito che il mio miglior pregio professionale è contemporaneamente anche il mio peggior difetto personale?
Fare riferimento a standard elevati, non paga?
Avere aspettative elevate, nel mio lavoro è indispensabile per produrre proposte originali, ma nella vita serve solo a generare cocenti delusioni?
O tutto o niente è la maledizione che ti porta a criticare tutto e non apprezzare niente?
Come ho detto, il finale è rimasto aperto, il mio progetto conclusivo non è nato e il mio percorso ai Talenti Inauditi si è come dissolto, nel nulla.
Come ultima chance ho dato vita a quello che si chiama un “esercizio di stile” per mettere alla prova il “sistema” e verificarne i limiti che mi era parso di scorgere, con una certa chiarezza, durante il percorso stesso.
Sperando di essere smentito, e una buona volta zittito, ho voluto forzare la mano, contando su quel pensiero laterale che era nelle mie aspettative, ma che purtroppo non ho ritrovato nemmeno in extremis.
Le premesse c’erano tutte, dal nome in poi; infatti quando mi capitò di leggere di questa iniziativa, mi colpì subito il naming scelto e pensai: “Se non partecipi tu, chi altro allora”.
Ho compilato l’interminabile primo questionario online, che mi ha subito confermato che si trattava di qualcosa di inusuale e “alternativo”.
Poi, passata la prima selezione, alla giornata di workshop ho avuto la conferma che cercavo sulla lateralità di questa iniziativa e, sicuro di passare anche questa seconda selezione, ho atteso la conferma ufficiale, arrivata poi via mail.
Il percorso si è poi rivelato molto meno “alternativo”… Lo definirei per certi versi “scolastico” e molto, troppo teorico.
Ma ciò che più mi ha “deluso” è stata la mancanza di iniziativa rispetto agli interventi esterni.
Le testimonianze aziendali totalmente insignificanti e chiaramente pescate all’ultimo momento tra “familiari e vicini di casa”.
Le “materie” per così dire di approfondimento, come personal branding, negoziazione o ricerche di mercato, troppo accennate e svolte in maniera troppo, troppo superficiale, dunque inutili.
In conclusione, nonostante impegno, dedizione e altruismo di Silvia, la nostra supertutor e gli esercizi di storytelling di Lucilla, unico esercizio sensato e pratico proposto, ho sentito la mancanza della capacità di creare vere partnership, per offrire testimonianze rilevanti e sensate a un gruppo di “veterani”, oltre la totale mancanza di comunicazione verso l’esterno, per una iniziativa che meriterebbe molta, molta, molta, più visibilità.
Questi per me, sono gli aspetti che andrebbero decisamente migliorati, considerata anche e sopratutto la potenza di fuoco che potrebbe essere espressa dalle retrovie, mi riferisco alla fondazione che sta a monte e che è indiscutibilmente la più potente, del panorama italiano e non solo.
Potrei proseguire oltre, ma non voglio abusare dello spazio a disposizione, quindi “approssimativamente” questo è quanto.
Grazie comunque per averci provato, sarà per la prossima volta.