Ho sempre amato seminare all’aperto: preparare la terra, fare il buco con il dito e sentirne l’umidità appiccicosa, adagiare il seme nel suo giaciglio e coprirlo, augurandogli un buon riposo. E mi è sempre piaciuta la quiete che segue la semina, quell’inattività forzata che serba in sé energie e pensieri, un’emozionante attesa.
Il talento è un seme, che ognuno di noi ha accolto nel buio e nell’umido del proprio giaciglio, dandogli un luogo per poter prima riposare e poi germogliare.
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Il cerchio si chiude (?)
Il futuro perde la propria natura speciale di tempo a venire e si sviluppa nelle trame di un eterno mutamento e ritorno a sé.
Uno, nessuno o… Centomila talenti?
Sembrano cose strane e casuali ma pare non esista il caso che è invece il concatenarsi di eventi, per cui ciò che accade deve.
Non è così: oggi è il giorno, il giorno che deve.
I miei preziosi talenti
Come tante piccole pietre preziose, ognuno di noi porta con sé i propri talenti. Io alcuni li tengo in tasca, prontamente fruibili, poiché li conosco e li so usare. Altri li ho nascosti dentro di me, a volte così bene che poi faccio fatica a trovarli.